Il testo in PDF: Mosè e il roveto ardente
In quest’opera l’artista riporta visivamente ciò che è narrato nel libro dell’Esodo (Es 3,1-15).
È una teofania: Dio dal roveto ardente si manifesta a Mosè e gli svela la sua vocazione e la sua missione. L’incontro coglie Mosè in un momento difficile della sua vita: costretto a fuggire dall’Egitto, in esilio, si avventura nel deserto, sposa la figlia di Ietro e diventa pastore.
Bouts ambienta la scena in un paesaggio tipicamente olandese: sullo sfondo montagne e colline e in primo piano, a sinistra c’è un monticello con alcune pietre, tra cui possiamo vedere un cespuglio di rovi sempreverde, che richiama l’Oreb. E’ un luogo arido, dove Mosè sta pascolando il gregge di suo suocero Ietro. Quello di rileggere un evento del passato attualizzandolo era usato spesso da molti artisti per sottolineare che quel fatto è valido sempre; così l’osservatore del quadro può rileggere la propria storia alla luce di quella Parola. Mosè è rappresentato in due momenti sequenziali: prima a destra, mentre si sta togliendo i sandali secondo l’invito di Dio; poi, in primo piano, mentre si inginocchia davanti al roveto che arde. Lo stesso personaggio è colto in due istanti diversi e l’osservatore è quasi incuriosito e non può che immedesimarsi e fare proprio l’atteggiamento di stupore e meraviglia che vive Mosè.
Di solito nell’iconografia di questo episodio biblico è rappresentato un roveto che arde e che non si consuma, come nel mosaico del catino absidale della Basilica di San Vitale a Ravenna (VI sec.), mentre qui Bouts ha voluto rappresentare Dio in forma antropomorfa sul roveto in mezzo al fuoco, proteso, quasi inchinato, verso Mosè. È Dio che cerca la prossimità con l’uomo: ha le sembianze di un vecchio con barba e capelli lunghi e indossa una tunica violacea; con la mano sinistra tiene il globo terrestre e con la destra benedice. Parla a Mosè e manifesta la sua profonda identità: “Io sono colui che sono”. È un Dio che esprime familiarità, è il Dio dei nostri Padri che si manifesta dal roveto. L’artista, ritraendo Dio con sembianze umane ci fa pensare a un Dio che si manifesta immedesimandosi nell’uomo: ho osservato la sua miseria, ho udito il suo grido, conosco le sue sofferenze, sono sceso per liberarlo. Dio che ha a cuore le sorti dell’uomo e Bouts non poteva che esprimere così questa prossimità: è un anticipo dell’incarnazione, di Dio che si fa uomo in Gesù.
Mosè si toglie i sandali perché Dio gli ha detto che il suolo che sta calpestando è terra sacra; obbedisce, poco prima si è avvicinato incredulo per vedere il roveto che brucia senza consumarsi. Mosè ha lasciato alle sue spalle il gregge, si è avvicinato per curiosità e si meraviglia. È anziano, ma è capace di meravigliarsi malgrado i suoi fallimenti, le sue delusioni, le paure, ha interesse per qualcosa di nuovo. Mosè davanti al roveto è raffigurato in primo piano, al centro del quadro, scalzo, e i suoi piedi toccano la terra sacra. Mosè è vestito con una tunica blu e il manto rosso. Il suo sguardo è incantato, ma allo stesso tempo preoccupato, non si capacita di ciò che sta vedendo e soprattutto di ciò che sta ascoltando. In questa teofania può dialogare con Dio, chiamarlo per nome, parlare delle vicende del popolo degli israeliti. Significativo è il gesto delle mani: la sinistra pone quasi un limite, ma allo stesso tempo significa accoglienza; la mano destra aperta, davanti agli occhi per proteggersi dalla luce abbagliante che viene dal roveto, funge da schermo. Il bastone sembra un accessorio, un particolare di poco conto, invece il bastone accompagna Mosè in questo avvicinamento alla teofania, è sempre al suo fianco. Mosè abbandona il gregge ma non il suo bastone e da ciò che accadrà in seguito comprendiamo l’importanza di questo segno per la storia della salvezza del popolo di Israele. Il bastone si tramuterà in serpente e trasformerà l’acqua del Nilo in sangue per convincere il faraone a far uscire il popolo (Es.7,9; 17); servirà a Mosè per aprire un passaggio nel mar Rosso (Es.14,16) e nel deserto un colpo di bastone farà zampillare l’acqua dalla roccia (Es.17,5).
Talvolta al centro del roveto ardente appare Maria, come nella tavola di Alessandro Bonvicino (XVI sec.),
ma molto particolare è la tela di Nicolas Froment (1475) per la cattedrale di San Salvatore di Aix-en-Provence,perchè rappresenta Maria col Bambino, che tiene in mano lo speculum sine macula simbolo dell’Immacolata. Ai lati vi sono Mosè che pascola il gregge e l’arcangelo Gabriele. L’immagine del roveto ardente è stata usata per porre l’accento sulla integrità verginale di Maria, rimasta sempre intatta come il roveto di Mosè. Nel Piccolo Ufficio della Santa Vergine Maria, diffuso a partire dall’XI secolo, si trova un testo che può giustificare questa immagine: “Rubum quem viderat Moyses incombustum, conservatam agnovimus tuam laudabilem virginatem sancta Dei Genitrix” (Nel rovo che Mosè aveva visto non consumato abbiamo riconosciuto conservata la tua mirabile verginità santa Madre di Dio).