MOSE’ E IL PASSAGGIO DEL MAR ROSSO
Mosè è forse il personaggio più popolare dell’Antico Testamento e il ruolo che ha svolto nella storia del popolo ebraico ha fatto sì che già i primi cristiani gli dedicassero un posto significativo anche nell’arte. Molto ricca, infatti, è anche l’iconografia del Passaggio del Mar Rosso soprattutto nelle miniature, nei sarcofaghi e in numerose opere di grandi artisti, tra cui l’affresco della Cappella Sistina. Dal punto di vista simbolico il Passaggio del Mar Rosso è stato interpretato in analogia con il Battesimo di Cristo (1Cor.10,1-4). Questa prefigurazione del Battesimo si trova nella preghiera di benedizione dell’acqua durante la Veglia pasquale, laddove si legge: “tu hai liberato dalla schiavitù i figli di Abramo, facendoli passare illesi attraverso il Mar Rosso, perché fossero immagine del futuro popolo dei battezzati”.
Questa interpretazione di Marc Chagall si trova in una delle opere più importanti dell’arte sacra del Novecento, la chiesa di Notre-Dame-de-Toute-Grâce a Plateaux d’Assy, in Savoia, a 1.000 metri d’altezza di fronte al Monte Bianco.
La sua realizzazione fu guidata dal domenicano padre Alain Couturier, lo stesso che accompagnò Le Corbusier nella progettazione di Ronchamp. Consacrata nel 1950 è stata decorata dai più grandi artisti dell’epoca, tra cui Georges Rouault, Henri Matisse, Georges Braque e Marc Chagall, che, contattati da p. Couturier, accettarono tutti di collaborare con entusiasmo al progetto realizzando sculture, arazzi, vetrate, ceramiche, mosaici, mobili e oggetti di culto. Chagall nell’area battesimale eseguì su 90 mattonelle in ceramica il Passaggio del Mar Rosso. Nella sua ‘traversata’ l’artista coinvolge lo spettatore in un gioco di forme e colori; dapprima si è colpiti dal giallo brillante dell’abito di Mosè in primo piano che, con il protendersi del corpo e del braccio, indirizza lo sguardo dell’osservatore verso la folla concitata degli egiziani davanti lui, ma poi è il blu profondo del mare che riempie lo sguardo. Nella scena domina il blu, il blu del mare che nella Bibbia è simbolo del male, del caos, delle forze cosmiche ostili all’uomo, mentre nel linguaggio iconografico il blu è il colore del mistero. Chagall, immergendo la scena nel blu delle acque e giocando sulla molteplicità di significati, narra una storia di peccato e di grazia che rimanda all’esperienza del battesimo. Il colore di Mosè è il giallo, segno della luce terrestre: il suo braccio alzato è simbolo di potenza, come del resto i ‘raggi di luce’ sul suo capo. Il popolo dei salvati, invece, è avvolto dal bianco luminoso della teofania; un bianco che si sprigiona nella nube, nelle onde gonfie come sfere e nell’angelo, raffigurazione che indica Dio stesso. Il bianco, infatti, somma dei colori, è simbolo della divinità. Linee oblique che partono dalla destra dell’immagine orientano tutta la composizione verso la figura dell’angelo, che con il suo gesto invita l’osservatore a guardare nell’angolo in alto a sinistra della composizione, dove si delineano le figure del re Davide che suona la cetra e le mura di Gerusalemme, mentre le ali dell’angelo portano lo sguardo verso destra dove il termine della composizione è la Crocifissione che riassume in sé la sofferenza inflitta dall’uomo all’uomo. Chagall ha ripreso lo stesso tema in un dipinto conservato a Parigi al Centre Pompidou (1955) arricchendolo di altre immagini, come un angelo in volo recante la Torah a conferma della fede del popolo ebraico.
IL CANTO DI MIRIAM
Molto diffusa nell’iconografia del Passaggio del Mar Rosso è l’immagine di Miriam che intona un canto, mentre suona il cembalo e balla sulle rive del mare per ringraziare il Signore di aver salvato il suo popolo; spesso è accompagnata nella danza dalle altre donne, contagiandole con il suo entusiasmo. Una delle immagini più antiche è quella contenuta nel Salterio bizantino di Chludov, (IX sec.).
In questa miniatura Miriam è raffigurata come una giovane scarmigliata, con un abito rosso scarlatto, mentre balla, come si può notare dal movimento della gonna, e suona dei cembali. Sembra nel pieno vigore della sua giovinezza questa donna che canta e danza con tanto entusiasmo. Particolarmente affascinante è l’immagine illustrata nella miniatura del Salterio bulgaro di Tomić (1360),
dove si vedono le donne israelite coinvolte in una frenetica e gioiosa danza al suono dei loro strumenti e al centro Miriam che tiene nella mano destra una bacchetta per far sì che questo canto sia veramente un armonioso canto di lode e non una irrefrenabile baldoria. Questa stessa raffigurazione la ritroviamo molti secoli più tardi in Marc Chagall (1966)
che in più opere ha rappresentato Miriam e le altre giovani donne che improvvisano una vorticosa danza attorno a lei. Tanti artisti, dunque, lungo i secoli, sono stati stimolati da questo tema e il cembalo è divenuto un attributo che rende riconoscibile Miriam anche quando è raffigurata come figura o immagine isolata fuori dal contesto della narrazione biblica come, ad esempio, nel mosaico della cripta nella Basilica della Dormizione a Gerusalemme, dove è accanto ad altre donne dell’Antico Testamento – Eva, Giaele, Rut, Ester, Giuditta – che sono prefigurazione della Vergine, ed è rappresentata come una giovane donna con un grande tamburello fra le mani.